Normalmente, quando si cita il mondo degli investimenti, si pensa immediatamente ad azioni e obbligazioni, quasi escludendo si possa investire anche in beni tangibili. E invece le materie prime, note nel mondo finanziario anche come commodity, rappresentano una categoria di beni che viene scambiata sul mercato senza particolari differenze qualitative; si tratta spesso di sostanze che usiamo o consumiamo ogni giorno, ad esempio generi alimentari, tabacco, derivati del petrolio e persino metalli.
Le materie prime intese come classe di attivi o asset class rappresentano un gruppo molto eterogeneo di beni che può avere destinazioni d’uso differenti, specificità proprie e particolari qualità, oltre a una diversa capacità di stoccaggio e un grado di rinnovabilità variabile. Gli operatori del settore sono però riusciti a classificarle in due categorie, le soft commodity e le hard commodity, spesso note in italiano rispettivamente come materie prime agricole e materie prime estrattive.
Nello specifico, sono considerate “soft” le materie prime derivanti dal settore agricolo e dall’allevamento, suddivisibili in beni agricoli (ad esempio avena, farina di soia, frumento, mais, olio di palma, soia, cacao, caffè, cotone, legname, succo d’arancia, tabacco, zucchero) e da allevamento (bovini, bovini da latte, maiali, pancetta di maiale). Spesso tra i beni agricoli si distinguono in particolare quelli coloniali e tropicali come cacao, caffè, cotone, legname, succo d’arancia, tabacco, zucchero. In molti si ricorderanno del famoso future sul succo d’arancia del film natalizio “Una poltrona per due”, in cui Eddie Murphy alla fine si arricchisce sfruttando un’informazione riservata o inside information sull’andamento del raccolto.
Appartengono invece alla categoria “hard” le materie prime del settore energetico, i metalli preziosi e quelli industriali. In particolare, queste commodity si possono suddividere in metalli preziosi (oro, platino, argento, palladio), metalli industriali (alluminio, cobalto, nickel, rame, zinco, molibdeno, acciaio, stagno) e fonti di energia (benzina, etanolo, gas naturale, nafta, petrolio, propano ed energia elettrica).
Una delle commodity più note è senza dubbio il greggio o crude oil. Venduto in barili (unità di misura corrispondente a circa 159 litri), il greggio viene negoziato in dollari USA in quanto valuta di riferimento per gli scambi internazionali, data la solidità dell’economia americana e del biglietto verde. Nel caso del greggio esistono due riferimenti per le quotazioni internazionali: il West Texas Intermediate (WTI), che rappresenta le quotazioni petrolifere medie negli Stati Uniti, e il Brent, che invece si riferisce al petrolio prodotto in tutto il resto del pianeta. In realtà il Brent indica più spesso un tipo di greggio estratto nel Mare del Nord, considerato di qualità inferiore rispetto al WTI per via del maggiore contenuto di zolfo. Sia WTI sia Brent rientrano tra i cosiddetti petroli leggeri (in inglese detti light sweet, dove light rimanda alla scarsa densità mentre sweet al ridotto contenuto di solfuri). I petroli più leggeri producono una maggior quantità di prodotti volatili (gas, benzina, kerosene e gasolio), con un rendimento energetico ed economico senza dubbio maggiore.
Un’altra commodity particolarmente interessante è l’oro, considerato il bene rifugio (safe haven) per eccellenza. L’unità di misura di questo metallo prezioso è l’oncia troy che corrisponde a circa 28,5 grammi.
Ma, in pratica, come si investe in queste materie prime?
Lo spiega in sintesi il sito di Borsa Italiana:
“Grazie alle loro caratteristiche di fungibilità, le Commodity sono facilmente negoziabili sul mercato e possono essere utilizzate come sottostanti per diversi strumenti finanziari.
Esistono infatti i Commodity bond, obbligazioni il cui valore di rimborso del capitale e degli interessi è indicizzato alla quotazione di una certa materia prima, e i Commodity future ovvero contratti in cui ci si obbliga a scambiare una prefissata quantità di merce a una data prefissata e a un determinato prezzo fissato alla data della contrattazione.”
Oltre alle obbligazioni indicizzate e ai future che hanno come underlying asset (appunto, il sottostante di un investimento) le materie prime, è utile ricordare anche le commodity option (opzioni su materie prime), ossia contratti stipulati tra due parti in cui si acquisiscono diritti di vendita o d’acquisto sulle materie prime a un prezzo prefissato, il cosiddetto prezzo di esercizio (strike price).
Quando si investe sul mercato delle materie prime è importante considerare anche che si negozia sempre in dollari USA, una caratteristica che rende le commodity vulnerabili alle fluttuazioni della divisa americana. Infatti, quando il biglietto verde sale o addirittura è ai massimi da oltre un decennio come in questo periodo, le quotazioni delle materie prime scendono per forza perché il costo delle commodity diventa elevato per gli acquirenti non americani, riducendone la domanda. Quando invece il dollaro è debole, le quotazioni delle materie prime tendono a rafforzarsi al netto delle altre dinamiche. Dopo un 2020 turbolento per le materie prime, il 2021 potrebbe essere l’anno della ripresa sulla scia della ripartenza dei consumi dopo la crisi del coronavirus e i traduttori di Arkadia Translations sono pronti e preparati ad aiutare gli investitori a restare sempre aggiornati sulle novità di questi mercati.