Il termine “transcreation” è stato usato per la prima volta negli anni ’60 e ’70 per indicare la traduzione dei testi all’interno di campagne pubblicitarie.
Una successiva evoluzione del suo significato è emersa negli anni ’80 quando i lavoratori dell’industria dei videogiochi si resero conto che la mera traduzione delle storie, dei dialoghi e delle didascalie non era sufficiente per rendere davvero significativa l’esperienza di gioco in tutti i mercati target.
Fu così che decisero di adattare immagini e storylines proprio per assecondare le aspettative dei differenti pubblici di riferimento e iniziarono a parlare di transcreation per distinguere questo loro lavoro dall’attività di traduzione.
“Transcreation” si potrebbe semplificare con “traduzione creativa”. Ne si fa uso nel mondo del marketing (in particolare nel content marketing) e consiste nel ricreare l’impatto emotivo con la traduzione di un concetto non in maniera letterale ma trasmettendone il senso. Quindi non si passa semplicemente da una lingua ad un’altra, ma si pensa a come trasmettere lo stesso significato nei vari mercati nel quale viene diffuso.
Ciò comporta che i professionisti della transcreation padroneggino, oltre alle competenze linguistiche, anche le regole del marketing e del copywriting, e abbiano una conoscenza approfondita delle peculiarità della cultura del paese target. Ad esempio negli Emirati Arabi non viene utilizzata l’espressione “Black Friday” per indicare il venerdì di sconti pazzi, ma si preferisce usare “White Friday” perché nei paesi musulmani l’associazione tra il termine “nero” e “venerdì” non è vista di buon occhio.
Possiamo quindi dire che scrittura creativa, comprensione culturale e ricerca sono i tre pilastri che formano la transcreation e la complessità del suo universo.
In molti confondono il processo di localizzazione con la transcreation: facciamo un po’ di chiarezza! Il primo ha lo scopo di adattare un contenuto (brand, testo, prodotto ecc.) ad una determinata cultura. La seconda è un processo che si occupa di adattare il significato di un brand, testo o prodotto in un altro paese a livello concettuale.
Per esempio lo slogan della famosa azienda di caramelle Haribo “Haribo macht Kinder froh, und Erwachsene ebenso” tradotto letteralmente risulta “Haribo rende felici i bambini e anche gli adulti”. Capite che un copy del genere non ha alcun appeal agli occhi di un potenziale cliente, motivo per cui i transcreator hanno modificato il claim per il mercato italiano in “Haribo è la bontà che si gusta ad ogni età”: il significato è lo stesso (bambini e adulti = ogni età), ma molto più accattivante.
Un altro esempio che dimostra come la transcreation abbia un ruolo centrale all’interno del marketing riguarda Electrolux. L’azienda scandinava produttrice di aspirapolveri, per sbarcare nel mercato americano, aveva elaborato lo slogan “Nothing sucks like an Electrolux”. Il messaggio che l’azienda voleva trasmettere era “Niente aspira come un Electrolux”, ma senza il corretto processo di transcreation il significato trasmesso è stato “Niente è peggio di un Electrolux”: frase tutt’altro che propizia per la vendita.
Creare un nuovo contenuto che mantenga il senso, il tono e lo stile del testo originario è la strategia vincente per ottenere i risultati volti a far crescere il business. Ciò non può essere fatto in maniera improvvisata, ma servono professionisti come quelli di Arkadia Translations, che si assicurano di adattare ogni contenuto trasmettendone appieno l’intenzione.