Il fenomeno Netflix “Emily in Paris” è noto ormai da molti già da qualche anno.
Si tratta di una serie americana uscita nel 2020, nella quale viene raccontata la vita di una giovane ragazza che da Chicago si trasferisce a Parigi per lavorare in una prestigiosa agenzia di Marketing. L’inizio della sua vita parigina la porta a legare rapporti con diversi
francesi che le presentano la città e la loro cultura, inciampando tra innumerevoli cliché e luoghi comuni.
La serie ha, infatti, suscitato le critiche di molti proprio per l’idea che sembra narrare la vita dei parigini in maniera leggera, descritti come lavoratori dal ritmo decisamente lento, legati alla filosofia del flâneur (termine reso celebre dal poeta Baudelaire per indicare un
gentiluomo che vaga oziosamente per le strade durante il giorno), ma che tralascia o dimentica l’aspetto frenetico e di disagio di una grande città che presenta molte criticità.
Abbiamo parlato molte volte di come l’aspetto della localizzazione di un prodotto incida sulla riuscita o meno del suo successo.
A questo proposito, sono stati commessi diversi errori linguistici che hanno fatto storcere il naso alla critica francese.
Nella serie, l’abitazione della protagonista si presenta come uno spazio moderno, un bilocale arredato ed attrezzato come tanti. Viene definito da uno dei personaggi come “chambre de bonne”, ma non è la dicitura corretta per quella tipologia di casa.
“Chambre de bonne” è un’espressione che viene utilizzata per descrivere un piccolo monolocale che si ricava dal sottotetto di un palazzo, nel quale anticamente vivevano le cameriere delle famiglie borghesi, e che non era sicuramente dotato di numerose finestre o
di una cucina arredata come si vede nella serie. Il termine corretto sarebbe dovuto quindi essere “appartement”.
Un altro esempio di cattiva contestualizzazione lessicale è riferito al termine che i personaggi della serie utilizzano per riferirsi al cattivo gusto di Emily nello scegliere l’abbigliamento. Viene chiamata “la plouc”. Nella lingua francese questo aggettivo viene affibbiato ad una persona che nel gergo potremmo definire “tamarra”, sia nell’aspetto esteriore, sia nei modi di fare e di esprimersi. L’espressione corretta, per indicare cattivo gusto nel vestire viene esplicitata con “mal fagoté” o “mal fringué“.
Gli stereotipi riportati hanno sollevato la critica francese, che ha demolito la serie tv accusandola di aver banalizzato la vita parigina.
Ancora una volta capiamo che quando si vuole sviluppare un prodotto audiovisivo parlando di un paese del quale non si è originari, è sempre bene affidarsi a professionisti che conoscano approfonditamente quel posto, per far in modo che in linguaggio utilizzato sia il
più verosimile possibile e rispecchi fedelmente le sfumature che ogni cultura porta con sé.